Estemporanea nasce dalla collaborazione tra Metromorfosi Infocritica, rivista di informazione culturale a Roma e dintorni, Beba do Samba, associazione culturale, punto di riferimento per la musica dal vivo della Capitale, Casa Internazionale delle Donne, luogo simbolo per l’emancipazione femminile e BioBioBar, bistrot specializzato in enogastronomia biologica.
Nello splendido giardino seicentesco della Casa Internazionale delle Donne, situata nel cuore di Trastevere, già dal tramonto sarà possibile ascoltare concerti, readings e performance teatrali in una dimensione intima e accogliente.
Estemporanea, alla sua I Edizione, è un contenitore di biodiversità culturale, è esperienza umana, artistica, collettiva, sostenibile e caratterizzata da un impulso felicemente inclusivo. “La vita è l’arte dell’incontro” mormorava con gusto Vinicius de Moraes, è presente intriso di memoria, è qui ed ora, è Estemporanea. Segue la prima settimana di programmazione del Festival, a partire da Venerdi (Primo Luglio).
giovedì 30 giugno 2011
TORNA DAL 5 AL 9 LUGLIO IL “TNF - TRASTEVERE NOIR FESTIVAL” A ROMA
La manifestazione, che si svolge per il terzo anno a Trastevere, nel chiostro del complesso di Sant'Egidio, oggi Museo di Roma, è aperta il 5 luglio da Gianrico Carofiglio ed è chiusa il 9 da Sandro Veronesi. TNF è curato da Marco Panella per mostre e rassegne, mentre la parte letteraria è curata e condotta da Paolo Petroni. Ogni sera a ingresso libero due incontri alle ore 21 (chiacchierate sul libro e con l'autore), quindi una rassegna di fiction in collaborazione con History Channel, una mostra di fumetti noir d'epoca e prima dell'apertura, dalle ore 19, "ArteinGioco" propone visite guidate per le vie di Trastevere con attenzione al passato noir del quartiere (5,00 euro, su prenotazione tel 06 44239949 - 06 44261289).
Questa edizione si intitola ''100+50. Il noir racconta la storia'' ed esplora in due giornate ( 6 e 7 luglio) anche le zone d'ombra in occasione della ricorrenza unitaria:
- Mercoledì 6 luglio: con Giancarlo De Cataldo e Alessandro Cannevale
- Giovedì 7 luglio: con Marco Malvaldi e Luigi De Pascalis
quattro autori che hanno trattato con le note del nero gli scenari risorgimentali e post-unitari, dandone una lettura sorprendente e recuperandone, spesso, aspetti meno noti o trascurati.
Il programma delle altre tre giornate andrà oltre l'indagine storica:
- Martedì 5 luglio: apre Gianrico Carofiglio discutendo su chi abbia ucciso il senso di tante degradate parole oggi in uso, oltre che dell'avvocato Guerrieri, mentre, a seguire, il francese Serge Quadruppani tratterà il nero in versione verde, eco-ambientale grazie all'allarme lanciato dalle api.
- Venerdì 8 luglio: Massimo Pietroselli rivela i segreti del suo noir alchemico e l'esordiente Lorenza Ghinelli, a seguire, parla dell'idea del Divoratore, il suo primo romanzo, un thriller alla Stephen King.
- Sabato 9 luglio: Alessia Gazzola, anche lei al debutto, porta la visione e la sensibilità del noir al femminile, mentre la chiusura è riservata a Sandro Veronesi, autore di ''XY'', per affrontare il mistero e il senso del male.
Per la sezione Fiction, realizzata in partnership con History Channel, sono in programma, dal 5 all'8 luglio, "La Banda della Magliana". La vera storia in quattro puntate con interviste esclusive a testimoni e membri della banda. Sabato 9 luglio infine è di scena il mistery-noir con l'anteprima di "La vera storia di Jack lo Squartatore", fiction proposta nella versione originale in inglese con ambientazioni ricostruite in 3D, seguendo fedelmente lo scenario dell'epoca.
Il linguaggio del nero poi, nella sezione TNF Extra, presenta la mostra "1960-1970. Gli anni d'oro del fumetto in giallo e nero" (82 diverse testate e 120 storie diverse), dedicata a uno dei più interessanti filoni del fumetto italiano che, con decine di testate - alcune di grandissimo successo, altre episodiche, moltissime dimenticate - ha dato una forte impronta di genere alla produzione da edicola degli anni sessanta e settanta, riflettendo, nei temi e nei tratti, l'Italia di quegli anni.
Questa edizione si intitola ''100+50. Il noir racconta la storia'' ed esplora in due giornate ( 6 e 7 luglio) anche le zone d'ombra in occasione della ricorrenza unitaria:
- Mercoledì 6 luglio: con Giancarlo De Cataldo e Alessandro Cannevale
- Giovedì 7 luglio: con Marco Malvaldi e Luigi De Pascalis
quattro autori che hanno trattato con le note del nero gli scenari risorgimentali e post-unitari, dandone una lettura sorprendente e recuperandone, spesso, aspetti meno noti o trascurati.
Il programma delle altre tre giornate andrà oltre l'indagine storica:
- Martedì 5 luglio: apre Gianrico Carofiglio discutendo su chi abbia ucciso il senso di tante degradate parole oggi in uso, oltre che dell'avvocato Guerrieri, mentre, a seguire, il francese Serge Quadruppani tratterà il nero in versione verde, eco-ambientale grazie all'allarme lanciato dalle api.
- Venerdì 8 luglio: Massimo Pietroselli rivela i segreti del suo noir alchemico e l'esordiente Lorenza Ghinelli, a seguire, parla dell'idea del Divoratore, il suo primo romanzo, un thriller alla Stephen King.
- Sabato 9 luglio: Alessia Gazzola, anche lei al debutto, porta la visione e la sensibilità del noir al femminile, mentre la chiusura è riservata a Sandro Veronesi, autore di ''XY'', per affrontare il mistero e il senso del male.
Per la sezione Fiction, realizzata in partnership con History Channel, sono in programma, dal 5 all'8 luglio, "La Banda della Magliana". La vera storia in quattro puntate con interviste esclusive a testimoni e membri della banda. Sabato 9 luglio infine è di scena il mistery-noir con l'anteprima di "La vera storia di Jack lo Squartatore", fiction proposta nella versione originale in inglese con ambientazioni ricostruite in 3D, seguendo fedelmente lo scenario dell'epoca.
Il linguaggio del nero poi, nella sezione TNF Extra, presenta la mostra "1960-1970. Gli anni d'oro del fumetto in giallo e nero" (82 diverse testate e 120 storie diverse), dedicata a uno dei più interessanti filoni del fumetto italiano che, con decine di testate - alcune di grandissimo successo, altre episodiche, moltissime dimenticate - ha dato una forte impronta di genere alla produzione da edicola degli anni sessanta e settanta, riflettendo, nei temi e nei tratti, l'Italia di quegli anni.
Lillo & Greg
Sketch & Soda racchiude alcuni tra gli sketch più divertenti dell’ultima produzione di Lillo & Greg. Come sempre ci troviamo nel perenne loro equilibrio tra la comicità surreale ed il grottesco e cinico umorismo con cui scarnificano gli orribili vizi dell’animo umano.
Lo show passa con scanzonata leggerezza dalla satira a territori surreali (loop spazio-temporali, sogno e realtà) con ritmo veloce, ma non troppo, questa volta ad accompagnarli il musicista Attilio Di Giovanni.
Dal 28 Giugno al 3 Luglio, ore 21:45
Biglietto: platea numerata 15 Euro – posto non numerato 10 Euro
Biglietto: platea numerata 15 Euro – posto non numerato 10 Euro
Mario dell'Arco
Hanno voja le nuvole
a calà come farchi su Castello:
c’è l’Angiolo de guardia: un mulinello
a grugno duro in mezzo a la masnada,
e come vede azzuro
aripone ner fodero la spada.
“Castel Sant’Angiolo”, 1946
La cuppola è un pallone
ancorato sur tetto.
Chi è che l’ha gonfiato? L’architetto,
e lo fa seccardino o buraccione
secondo er fiato che se trova in petto.
Abbotta le ganasse Boromini:
soffia, e sorteno tanti cuppolini;
ce mette, drento, un’ala de pormone
Micchelangiolo, e nasce er Cuppolone.
“Cuppole”, 1946
Mario dell'Arco
Mario dell'Arco nome scelto da Mario Fagiolo per firmare le sue opere letterarie (Roma, 12 marzo 1905 – Roma, 3 aprile 1996) è stato un architetto e poeta italiano.
Mario Fagiolo nasce a Roma, in via dell'Orso da genitori "castellani", il padre di Genzano e la mamma di Marino. Inizia la scuola a sei anni presso le suore tedesche di San Basilio (piazza Barberini), che oggi non ci sono più. L'anno successivo va dalle suore inglesi di San Sebastianello(Villa Medici) e, come lo stesso poeta ci dice: “Dal prematuro contatto con lingue forestiere nasce la mia nausea e, nell'affabulare poesie, la scelta del romanesco”. Pubblicò nel corso della sua lunga vita una cinquantina di libretti di poesie, ideò alcune pubblicazioni come Il Belli, Il nuovo Belli e Il nuovo Cràcas - dal noto giornale romano, edito dal 1716 in poi, dal nome della famiglia di stampatori Cràcas, ed altre riviste.
Nel 1952 venne conosciuto da un più vasto pubblico, collaborando con Pier Paolo Pasolini all'antologia Poesia dialettale del Novecento, per i tipi di Guanda.
È morto a Roma il 3 aprile 1996. Aveva avuto, l'anno precedente, una sua grande soddisfazione con la concessione della cittadinanza onoraria a Genzano di Roma (o come lo stesso poeta amava chiamare Genzano dell'infiorata) il paese del padre e in cui si era ritirato nel1966. Riposa insieme ai suoi cari in quel cimitero nella tomba da lui stesso progettata.
Ponte Sisto
Ponte Sisto venne ricostruito sulle rovine di un antico ponte romano, pons Aurelius, risalente al 215 d.C., ai tempi dell'imperatore Marco Aurelio Severo Antonino, che così volle unira la sponda sinistra a Trastevere: da qui si narra che venissero gettati nel fiume i primi martiri cristiani. Venne chiamato anche pons Janicularis per la vicinanza al Gianicolo. Tra il 366 ed il 367 l’imperatore Valentiniano compì il primo grande restauro e fu in questa occasione che venne eretto, all’imboccatura, un arco trionfale decorato da statue bronzee, i cui resti, ritrovati nel 1878 e nel 1892, ora sono al Museo Nazionale Romano. Crollato nel 792 a seguito di una piena del fiume, il ponte venne abbandonato e perciò denominato anche "Ruptus", "Tremulus" o "Fractus". Nel 1475, in occasione del Giubileo, Sisto IV incaricò Baccio Pontelli di ricostruire il vecchio ponte, che dal nome del pontefice prese il nome di ponte Sisto. Prima della sua costruzione, per collegare le due sponde, veniva impiegata una barca-traghetto che congiungeva anche due spiaggette: quella " Arenula" sulla riva sinistra e quella "Renella" di fronte. Nel 1599 fu restaurato da Clemente VIII, che fece rinnovare lastricato e parapetti in travertino, finché nel 1880 i lavori per la costruzione dei muraglioni ne alterarono profondamente l'aspetto, con la collocazione di parapetti in ghisa. È costituito da quattro arcate con un grande "occhialone" (come si può notare nella foto sopra) circolare sul pilone centrale, che da sempre ha funzionato da campanello d'allarme in caso di piena del fiume. L'intervento del 1877 modificò totalmente l'antico ponte mediante una sovrastruttura metallica, sorretta da mensoloni e corredata da spallette in ghisa, che ebbe lo scopo di allargarne la superficie calpestabile. Fortunatamente il restauro avvenuto per il Giubileo del 2000 ha restituto a Roma l'immagine quattrocentesca del ponte: furono così eliminate le pensiline metalliche e ripristinati i parapetti. Con una struttura in muratura di tufo rivestita esternamente da travertino, oggi il ponte, che misura 108 metri in lunghezza e 11 in larghezza, è aperto soltanto ai pedoni ed agli amanti del panorama.
mercoledì 29 giugno 2011
Fontana dell'Acqua Paola
La fontana (o “fontanone”) dell’Acqua Paola si trova a Roma, nel punto in cui la via Garibaldi raggiunge la sommità del Gianicolo, poco prima di Porta San Pancrazio. Si tratta della mostra terminale dell’acquedotto dell’”Acqua Paola”, ripristinato tra il 1608 e il 1610 da papa Paolo V.
All’inizio del XVII secolo le aree a destra del Tevere erano ancora scarsamente approvvigionate d’acqua, e la dotazione idrica delle zone di Trastevere, del Vaticano e di Borgo fu uno dei primi problemi affrontati dal papa Paolo V appena eletto. In realtà, come già per alcuni dei suoi recenti predecessori, il fine ultimo del pontefice era di poter disporre di una cospicua riserva d’acqua corrente per i giardini della sua residenza vaticana, ma il Comune di Roma accettò di contribuire alle spese per il ripristino dell’antico acquedotto Traiano che, ricevendo acqua dal lago di Bracciano, avrebbe consentito l’autonomia idrica delle zone a destra del fiume. Iniziati i lavori nel 1608, il progetto fu portato a termine nel 1610.
Commissionata a Giovanni Fontana, che la realizzò tra il 1611 e il 1612 con la collaborazione di Flaminio Ponzio, la mostra terminale del nuovo acquedotto ricalca molto da vicino il progetto della Fontana dell'Acqua Felice, la mostra terminale dell’acquedotto voluto da papa Sisto V, realizzata nel 1587 dallo stesso Giovanni Fontana. Il progetto originale prevedeva che l’acqua venisse raccolta in cinque vasche posizionate in corrispondenza di ciascun arco, ma nel 1690 papa Alessandro VIII commissionò a Carlo Fontana, nipote di Giovanni, la realizzazione di un progetto di ampliamento dell’opera. In occasione dello stesso intervento si provvide anche alla creazione, con opere di terrazzamento, dell’ampio piazzale antistante la fontana, che fino ad allora era quasi a strapiombo sul costone del colle.
Bibli, presto una nuova sede
Buone notizie per Bibli, la libreria di Trastevere costretta da uno sfratto ad abbandonare la storica sede di via dei Fienaroli a fine mese. Durante la serata organizzata da Sinistra ecologia e Libertà per salvare il caffè letterario, con ospiti d'eccezione come Leo Gullotta, Massimo Wertmuller e Mimmo Calopresti, l'assessore capitolino al Patrimonio, Alfredo Antoniozzi, ha assicurato: "All'inizio della prossima settimana consegnerò alle socie l'immobile che ospiterà la nuova sede, in via della Lungara".
Antoniozzi ha spiegato: "La delibera per l'assegnazione di una nuova sede a Bibli, che sorgerà nell'edificio del Buon Pastore, prevede un canone d'affitto di 3.200 euro al mese, più basso di quello attuale. Approvata dalla nostra giunta nel 2009, si era poi arenata in commissione Patrimonio, ma presto riceverà il via libera e sarà votata in consiglio comunale".
Intanto, giovedì 30 giugno gli amici di Bibli, da Tullio De Mauro a Erri De Luca, da Dacia Maraini a Ferzan Ozpetek, daranno l'addio alla sede storica con una maratona di letture. "Abbiamo invitato anche Alemanno e Zingaretti - annuncia Maggiulli - e abbiamo chiesto al presidente Giorgio Napolitano il permesso di leggere a suo nome l'incipit del suo libro preferito, come faranno gli altri ospiti".
martedì 28 giugno 2011
Villa Farnesina
Progettata da Baldassarre Peruzzi fu il prototipo della villa suburbana romana e la sua realizzazione ebbe notevole risonanza, anche perché a partire dal 1511, completate la murature, la residenza fu affrescata secondo un programma iconografico di straordinaria ampiezza affidato ai più da grandi artisti del periodo: lo stesso Peruzzi, Sebastiano del Piombo, Raffaello Sanzio e la sua scuola (compreso Giulio Romano) e Il Sodoma.
Fu costruita dal 1508 al 1512 dal giovane Peruzzi per il ricchissimo banchiere seneseAgostino Chigi, grande mecenate e personaggio di spicco nella Roma di inizio Cinquecento.
L'edificio, su due piani, ha una innovativa pianta a ferro di cavallo, che si apre verso il giardino con due ali tra cui è posta una loggia situata nel piano terreno e composta da cinque archi che sono attualmente chiusi da vetrate protettive.
Nella loggia è dipinto il ciclo con le Storie di Amore e Psiche, tratte da Apuleio, opera di Raffaello e dei suoi allievi (Raffaellino del Colle, Giovan Francesco Penni, Giulio Romano), in cui le scene sono inserite in un intreccio di festoni vegetali, opera dell'altro allievo Giovanni da Udine(1517, ripassate da Carlo Maratta nel 1693-1694). Gli affreschi vennero sicuramente disegnati dal Sanzio, ma la stesura spetta soprattutto alla sua scuola. La presenza degli intrecci vegetali accresce il senso di continuum della loggia con il giardino; vi sono riconoscibili la bellezza di circa duecento specie botaniche, soprattutto domestiche, tra cui anche numerose piante importate dalle Americhe, scoperte solo pochi anni prima.
Le peripezie di Psiche ripercorrono la medesima travagliata salita sociale di Francesca Ordeaschi, amante di Agostino Chigi, che da cortigiana si elevò al rango di moglie legittima del banchiere.
Una delle sale contigue alla loggia è la Sala di Galatea, un tempo con archi aperti sul giardino, che vennero chiusi nel 1650. La sala deve il nome all'affresco di Raffaello con il Trionfo di Galatea, che rappresenta la ninfa su un cocchio tirato da delfini, tra un festoso seguito di creature marine.
Al piano superiore si trova la Sala delle prospettive, dipinta illusionisticamente nel 1518-1519, da Baldassarre Peruzzi e aiuti, come se fosse una loggia. lla sala delle prospettive è facile individuare sulle pareti incisioni e graffiti vandalici risalenti alsacco di Roma del 1527 compiuti da lanzichenecchi che bivaccarono nella villa.
L'attigua camera da letto era usata dal Chigi e dalla sua consorte. Venne decorata da affreschi del Sodoma (1517), con scene della vita di Alessandro Magno, soggetto destinato a glorificare del committente, identificato con il personaggio della classicità.
Particolarmente conosciuta la scena delle Nozze di Alessandro e Rossane, affrescata sull'intero lato nord, basata su fonti letterarie classiche, nel tentativo archeologizzante di ricostruire, attraverso la descrizione fatta da Luciano di Samosata, un dipinto del pittore greco Aezione.
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Villa Farnesina
Ubicazione:
Vicolo Moroni, 22, 00153 Roma, Italia
Cesare Pascarella
L'allustrascarpe filosofo
So' trent'anni che fo sta' professione
e ancora, graziaddio, nun so' mai morto:
so' vecchio; ar camminà, cammino storto,
eppure, sarv'ognuno sto benone.
La notte me rintano in d'un portone;
e la mattina appresso, quanno sòrto,
Omina bona mea mecume porto
e me rimetto qui su 'sto cantone.
Si abusco, quer ch'abusco me lo magno;
si nun abusco, e me succede spesso,
me fumo quattro mòzze e nun me lagno.
Ma si l'incasso supera er valore
de quello che me serve, er giorno appresso
chiudo bottega e vado a fa' er signore.
Li principii
Diceva bene Checco a l'osteria:
'Ogni omo deve avécce er suo pensiero'.
Pensi bianco? Si un antro pensa nero,
rispetteje er pensiero e cusì sia.
Vor di', si te ce trovi in compagnia,
je pòi di': - Tu te sbaji... Nun è vero... -
Ma, sempre semo lì, vacce leggero,
perché ar monno, ce vo' filosofia.
E scrivetelo drento a la ragione,
che fra l'omo e er principio cambia aspetto.
Io defatti, si in quarche discussione
trovo che di' co' quarche giovenotto,
quello che sia principio lo rispetto,
ma quello che sia omo lo scazzotto.
Palazzo Corsini alla Lungara
Situato nel rione di Trastevere, proprio di fronte alla Villa Farnesina, fu costruito negli anni tra il 1730 e il 1740 da Ferdinando Fuga per la famiglia fiorentina dei Corsini, rielaborando e ingrandendo la precedente villa della famiglia Riario, risalente al XV secolo.
Nel XVII secolo il palazzo era stato abitato da Cristina di Svezia, la quale avrebbe ospitato nel giardino le prime riunioni di quella che sarebbe poi divenuta l'Accademia dell'Arcadia (la cui sede è attualmente poco lontano, alle pendici del Gianicolo).
Nel 1736 l'edificio e il giardino furono acquistati dal cardinale fiorentino Neri Maria Corsini, nipote di Clemente XII, che affidò i lavori di ristrutturazione del palazzo al conterraneoFerdinando Fuga, che per il papa stava già lavorando al Palazzo del Quirinale e al Palazzo della Consulta. Fuga trasformò la piccola villa suburbana dei Riario in una vera e propria reggia, raddoppiando l'estensione della facciata e ovviando alla notevole larghezza con l'aggiunta di dieci lesene giganti, più addensate in corrispondenza dell'asse centrale. Più movimentata è la facciata posteriore, rivolta verso i vastissimi giardini, con tre corpi di fabbrica aggettanti, di cui quello centrale, occupato dal monumentale scalone, uno dei più belli di Roma, è particolarmente sporgente. Lo scalone, con le sue grandi finestre, funge anche da belvedere panoramico sui giardini, posti in pendenza sul colle del Gianicolo.
Durante l'occupazione napoleonica di Roma, il palazzo ospitò Giuseppe Bonaparte, fratello dell'imperatore.
All'interno del palazzo sono oggi collocate la Galleria Corsini (opere di Beato Angelico, Jacopo Bassano, Caravaggio, Rubens, Jusepe de Ribera ecc.) e la sede dell'Accademia dei Lincei con la relativa Biblioteca dell'Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana. Nel giardino ha sede l'Orto botanico di Roma.
lunedì 27 giugno 2011
-'Na predica de mamma- Cesare Pascarella
L'amichi? Te spalancheno le braccia
fin che nun hai bisogno e fin che ci hai;
ma si, Dio scampi, te ritrovi in guai,
te sbatteno, fio mio, la porta in faccia.
Tu sei giovene ancora, e 'sta vitaccia
nu' la conoschi; ma quanno sarai
più granne, allora te n'accorgerai
si a 'sto monno c'è fonno o c'è mollaccia.
No, fio mio bello, no, nun so' scemenze
quer che te dice mamma, 'sti pensieri
tiètteli scritti qui, che so' sentenze;
che ar monno, a 'sta Fajola d'assassini,
lo vòi sapè chi so' l'amichi veri?
Lo vòi sapè chi so' So' li quatrini.
Salita di S. Onofrio
La Salita Sant'Onofrio al Gianicolo si trova a Roma nel rione Trastevere. Non deve essere confusa con la omonima via S. Onofrio che si trova in prossimità della via Cassia.
La Salita Sant'Onofrio è una stretta strada in salita, con a tratti delle scalinate, che, fiancheggiata dall'ex palazzo Salviati, congiunge via della Lungara al Gianicolo sulla cui sommità si trova la Chiesa di Sant'Onofrio da cui la strada prende il nome. Da questa posizione si gode una vista panoramica eccezionale sul centro storico di Roma su cui in basso domina la cupola della Basilica di San Pietro.
La strada fu fatta costruire dal gerolamino Jacobelli nel 1446 per raggiungere più comodamente la suddetta Chiesa, non più eremo ma divenuta santuario difficilmente raggiungibile dai devoti, da quando il suo fondatore Beato Nicola da Forca Palena passò con i suoi compagni alla Congregazione diSan Gerolamo, fondata dal Beato Pietro Gambacorta da Pisa.
Sisto V nel 1588 elevò la Chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo a titolo presbiteriale e sistemò la strada che dalla porta Santo Spirito conduce a Sant'Onofrio. La strada fu poi fatta lastricare daClemente VIII nel 1600 in occasione del Giubileo con il contributo delle elemosine di alcuni fedeli, fra i quali il Cardinale Alessandro Peretti e Camilla Peretti, la potente sorella di Sisto V a cuiCastore Durante (1529-1590) dedicò i suoi due celebri libri: Herbario nuovo e Il tesoro della sanità.
Sul lato destro della Salita di Sant’Onofrio salendo al Gianicolo si trovava un tempo ilConservatorio di Santa Maria del Rifugio per le cosiddette “penitenti”. Questo Conservatorio era stato fondato nel 1703 da Padre Bussi della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. Fu trasferito dalla primitiva sede di Vicolo del Consolato dei Fiorentini nel palazzo fatto costruire dalCardinale Giori e poi acquistato come sede del luogo pio che aveva lo scopo di redimere le ex prostitute.
Sul lato destro della Salita di Sant’Onofrio salendo al Gianicolo si trovava un tempo ilConservatorio di Santa Maria del Rifugio per le cosiddette “penitenti”. Questo Conservatorio era stato fondato nel 1703 da Padre Bussi della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri. Fu trasferito dalla primitiva sede di Vicolo del Consolato dei Fiorentini nel palazzo fatto costruire dalCardinale Giori e poi acquistato come sede del luogo pio che aveva lo scopo di redimere le ex prostitute.
Al numero civico 38 della Salita di Sant'Onofrio si trova la Casa Madre della Congregazione delle Suore di Santa Dorotea dove nella Cappella è esposto il corpo incorrotto della Santa Paola Frassinetti fondatrice dell'ordine.
Villa Spada
Al civico 1 di via Giacomo Medici si trova villa Spada (nella foto sopral'ingresso alla palazzina), costruita nel 1639 dall'architetto Francesco Baratta, su commissione di Vincenzo Nobili. La denominazione villa Spada comparve per la prima volta sulla pianta del Nolli nel 1748, nella quale si può osservare la proprietà attraversata longitudinalmente da due vialetti rettilinei e la palazzina con i giardini, appartenente al principe don Giuseppe Spada Varalli. Nel 1849 l'edificio divenne sede del quartier generale di Garibaldi, dopo la rovina di villa Savorelli. Villa Spada era tenuta dal battaglione dei Bersaglieri Lombardi, comandati dal colonnello Luciano Manara, di 24 anni, eroe delle Cinque Giornate di Milano e poi Capo di Stato Maggiore di Garibaldi. Nella notte tra il 29 e il 30 giugno i francesi sferrarono l'attacco decisivo: dopo la disfatta di villa Savorelli, come sopra menzionato, fu la volta di villa Spada. I francesi furono dapprima respinti da un contrattacco guidato da Garibaldi e da Manara, ma tornarono all'attacco con forze preponderanti. La villa fu squassata dalle cannonate e crivellata dal violento fuoco di fucileria. Manara fu ucciso da un colpo di carabina, ma i suoi bersaglieri continuarono a resistere. Era il 30 giugno 1849 e la sera stessa l'Assemblea della Repubblica decretava la cessazione della resistenza. La villa fu ricostruita secondo i disegni originali: la facciata, di colore chiaro in contrasto con le decorazioni grigio-pietra, è preceduta da una doppia scalinata a tenaglia, con al centro una piccola fontana a conchiglia, che conduce all'ingresso principale, una porta incorniciata sovrastata da uno stemma gentilizio. Ai due lati del portone, nella parte inferiore della facciata, si trovano due finestre sormontate da cornici ovali, mentre nella parte superiore due cornici vuote sormontate da un'aquila. Nell'attico, tra due piccole finestre, un'epigrafe latina così recita: "Villa Nobili. Viandante sappi che qui dove vedi la casa edificata da Vincenzo Nobili per ricreare gli animi tra le bellezze della natura, Cesare Augusto costruì l'emissario dell'acqua chiamata con il suo nome, originata dal lago Alsietino, quattordici miglia da Roma e condotta nella regione di Trastevere. È tutto. Va lieto e addio. Anno 1639"; naturalmente si fa riferimento all' Acquedotto Alsietino. Attualmente villa Spada è sede dell'Ambasciata d'Irlanda presso la Santa Sede.
Torre degli Anguillara
La Torre degli Anguillara e relativo palazzo sono situati in piazza Sidney Sonnino e costituiscono un unico complesso. Nel loro più antico assetto risalgono al XIII secolo: la prima parte del fabbricato è quella sul lato verso il Tevere (nella foto sopra), nel quale è ancora riconoscibile il portico con colonne a capitelli in forma di foglie. Fu il conte Everso II a ricostruire quasi dalle fondamenta il palazzo con torre, intorno al 1455, creando, oltretutto, la parte di fabbrica su via della Lungaretta ed imprimendo ovunque lo stemma con le due anguille incrociate. Nel 1538 il palazzo passò ad Alessandro Picciolotti da Carbognano, amanuense della corte pontificia e vassallo degli Anguillara. Nel 1542 il complesso venne duramente danneggiato da un terremoto e da allora entrò in crisi. Divenne stalla, macello, cantina: prova di questo stato di degrado furono i nomignoli di Carbognano e Palazzaccio con i quali i trasteverini indicarono la costruzione. Infine, nell'Ottocento, la struttura passò ai Forti, una famiglia della borghesia trasteverina, la quale vi insediò una fabbrica di smalti e vetri colorati e la rese nota per un presepio particolarmente artistico. Nel 1887 il complesso fu espropriato dal Comune di Roma, che ne curò il restauro nel 1902 affidandolo all'architetto Fallani. Risultò una ristrutturazione un pò artefatta, specialmente nella merlatura della torre. Il portale quattrocentesco è sovrastato da una finestra con uno stemma di Everso II; una scalinata coperta conduce alla loggia ad arcate. La facciata su via della Lungaretta ha conservato le antiche finestre crociate, ma quelle centinate al pianterreno sono un rifacimento. Nel 1921 il complesso fu affidato alla "Casa di Dante", una società promotrice di studi danteschi.
domenica 26 giugno 2011
NUMMERI
di Trilussa
- Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero -
ma tu che vali? Gnente: propio gnente.
Sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso voto e inconcrudente.
lo, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
1944
- diceva l'Uno ar Zero -
ma tu che vali? Gnente: propio gnente.
Sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso voto e inconcrudente.
lo, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
1944
L'amicizia
La Tartaruga aveva chiesto a Giove:
Vojo una casa piccola, in maniera che c'entri solo quarche amica vera, che sia sincera e me ne dia le prove.
Te lo prometto e basta la parola: - rispose Giove - ma sari costretta a vive in una casa così stretta che c'entrerai tu sola.
Trilussa
Vojo una casa piccola, in maniera che c'entri solo quarche amica vera, che sia sincera e me ne dia le prove.
Te lo prometto e basta la parola: - rispose Giove - ma sari costretta a vive in una casa così stretta che c'entrerai tu sola.
Trilussa
"Lunedì tutti in piazza per salvare la libreria Bibli"
"Salvate la libreria Bibli". A lanciare l'appello sono artisti, intellettuali e scrittori, sostenuti da migliaia di affezionati frequentatori che hanno già firmato una petizione contro la chiusura di uno degli spazi culturali più famosi di Trastevere, che ha da poco compiuto 16 anni. Un salotto animato da Gabriella Maggiulli e Agnese Andreoli, che da sempre ospita incontri, presentazioni di libri e corsi di scrittura e sceneggiatura, ma che ora rischia di morire. L'affitto chiesto dai proprietari delle mura della storica sede di via dei Fienaroli è stato quasi triplicato e il costo è diventato impossibile da sostenere per le due socie responsabili. La giunta Veltroni aveva proposto con una delibera di assegnare loro un locale comunale in via San Francesco di Sales, in cambio della ristrutturazione e del pagamento di un regolare affitto. Una promessa rinnovata dall'amministrazione Alemanno, che ad oggi, però, è rimasta soltanto una promessa.
Per questo, a mobilitarsi sono ora artisti e intellettuali. "Togliere una libreria ad un quartiere significa impoverirlo. Questo è un piccolo esempio di quanto sta succedendo in Italia, dove si è smesso di investire in cultura" spiega Massimo Wertmüller, che parteciperà alla serata di musica e parole organizzata lunedì prossimo da Sinistra Ecologia Libertà a sostegno della libreria indipendente. Con lui, dalle 19 alle 21, in piazza Santa Maria in Trastevere ci saranno anche Daniele Lucchetti, Leo Gullotta, Giulio Scarpati e Mimmo Calopresti, solo per citarne alcuni, insieme all'assessore provinciale alla Cultura, Cecilia D'Elia, e ai consiglieri sel Gemma Azuni e Luigi Nieri. "È importante difendere luoghi come questo, cruciali per la qualità della nostra vita", spiega Calopresti. E anche la scrittrice romana Chiara Gamberale si unisce all'accorato appello: "Qui ho presentato per la prima volta il mio libro d'esordio, "Una vita sottile", e ci sono molto affezionata. Ha sempre dato spazio anche agli autori emergenti, svolgendo una funzione importantissima per chi produce e fruisce cultura. Deve essere salvata". La scrittrice sarà fra i protagonisti della serata di addio organizzata dalla libreria per il 30 giugno, insieme a Emanuele Trevi, Nicola Lagioia, Raffaele La Capria, Mario Fortunato, Enzo Golino, Erri De Luca, Dacia Maraini, Paolo Mauri, Cristina Comencini, Elio Pecora, Biancamaria Frabotta, Tullio De Mauro e Ferzan Ozpetek. Dalle 18 in poi Bibli ha invitato tutti gli amici a leggere l'incipit del loro libro preferito e a riempire le sue sale, per l'ultima volta.
sabato 25 giugno 2011
Avarizia
Ho conosciuto un vecchio
ricco, ma avaro: avaro a un punto tale
che guarda i soldi nello specchio
per veder raddoppiato il capitale.
Allora dice: Quelli li do via
perché ci faccio la beneficenza;
ma questi me li tengo per prudenza...
E li ripone nella scrivania.
ricco, ma avaro: avaro a un punto tale
che guarda i soldi nello specchio
per veder raddoppiato il capitale.
Allora dice: Quelli li do via
perché ci faccio la beneficenza;
ma questi me li tengo per prudenza...
E li ripone nella scrivania.
Trilussa
TRILUSSA - La ninna nanna della guerra (1914)
... Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!
L' Omo e la Scimmia di Trilussa
L' Omo disse a la Scimmia:
-Sei brutta , dispettosa:
ma come sei ridicola!
ma quanto sei curiosa!
Quann' io te vedo, rido:
rido nun se sa quanto!...
-Sei brutta , dispettosa:
ma come sei ridicola!
ma quanto sei curiosa!
Quann' io te vedo, rido:
rido nun se sa quanto!...
La Scimmia disse : - Sfido!
T' arissomijo tanto!
T' arissomijo tanto!
Giggi Zanazzo
Giggi Zanazzo, all'anagrafe Luigi Antonio Gioacchino Zanazzo, (Roma, 31 gennaio 1860 – Roma, 13 dicembre 1911), è stato un poeta, commediografo, antropologo e bibliotecario italiano. Studioso delle tradizioni del popolo romano e poeta in romanesco, è considerato, insieme con Francesco Sabatini, il padre fondatore della romanistica. Alla sua scuola mossero i primi passi Trilussa e i più bei nomi della poesia dialettale della Roma d'inizio secolo.
Quanno ve se fanno nere l'ógna de le mano, e cciavete l'occhi sbattuti e accallamarati, e la lingua spòrca, allora è ssegno che nun ve sentite troppo pe' la quale..
Presempio, a le donne, quanno nu' stanno bbene, la féde jé s'appanna; e, ne lo spostalla un tantinèllo dar déto, ce se troveno sótto un cerchietto nero. Allora, a cchi pprème la salute, la prima cosa che ddeve fa', appéna nun se sènte sicónno er sòlito suo, è dde pijasse un bon purgante.
De tutte le purghe, la ppiù mmèjo perché llava lo stommico, sbòtta, e pporta via 'gni cosa come la lescìa, è ll'ojo de rìggine.
Quanno, sorèlla, una quarsìasi ammalatia che tte vó vvienì', trova pulito lo stòmmico, nun te pô ffa' ttanto danno nun solo, ma tte se leva d'intorno ppiù ppresto.
Da "Li quattro mejo fichi der bigonzo"
TRESTEVERINO II
Io, frater caro so’ tresteverino;
e tutto me pòi dì forché pidocchio;
quanno facevo er carettiere a vino,
l’orloggio solo me costava ‘n occhio:
marciavo che parevo un signorino!
Carzoni corti inzinent’ar ginocchio,
giacchetta de velluto sopraffino,
fibbie d’argento e scarpe co’ lo scrocchio:
er fongo a pan de zucchero, infiorato;
un fascione de seta su la panza;
e ar collo un fazzoletto colorato:
portavo tanti anelli d’oro ar deto
e catene, che senza esaggeranza,
parevo la Madonna de Loreto.
Presempio, a le donne, quanno nu' stanno bbene, la féde jé s'appanna; e, ne lo spostalla un tantinèllo dar déto, ce se troveno sótto un cerchietto nero. Allora, a cchi pprème la salute, la prima cosa che ddeve fa', appéna nun se sènte sicónno er sòlito suo, è dde pijasse un bon purgante.
De tutte le purghe, la ppiù mmèjo perché llava lo stommico, sbòtta, e pporta via 'gni cosa come la lescìa, è ll'ojo de rìggine.
Quanno, sorèlla, una quarsìasi ammalatia che tte vó vvienì', trova pulito lo stòmmico, nun te pô ffa' ttanto danno nun solo, ma tte se leva d'intorno ppiù ppresto.
Da "Li quattro mejo fichi der bigonzo"
TRESTEVERINO II
Io, frater caro so’ tresteverino;
e tutto me pòi dì forché pidocchio;
quanno facevo er carettiere a vino,
l’orloggio solo me costava ‘n occhio:
marciavo che parevo un signorino!
Carzoni corti inzinent’ar ginocchio,
giacchetta de velluto sopraffino,
fibbie d’argento e scarpe co’ lo scrocchio:
er fongo a pan de zucchero, infiorato;
un fascione de seta su la panza;
e ar collo un fazzoletto colorato:
portavo tanti anelli d’oro ar deto
e catene, che senza esaggeranza,
parevo la Madonna de Loreto.
Libreria Bibli
Roma, 24 giu. - (Adnkronos) - ''Punto di riferimento di scrittori, intellettuali, artisti e cittadini, la storica libreria trasteverina Bibli rischia di essere vittima delle ciniche leggi di mercato". Lo ha dichiarato Stefano Marin, Presidente del Consiglio Municipio Roma Centro Storico.
"Non potendo sostenere i costi - ha continuato Marin - di un nuovo contratto d'affitto, il 30 giugno sara' sfrattata dai locali che per 16 anni l'hanno vista trasformarsi in uno dei salotti culturali piu' rinomati della Capitale. Il Sindaco deve dare seguito alla promessa di pubblicare un bando per l'assegnazione di nuovi spazi".
"Il Consiglio del Municipio Roma Centro Storico, dalla parte di centinaia di cittadini che in questi giorni si sono mobilitati sia nel quartiere che su facebook, ha votato all'unanimita' una risoluzione in cui si chiede al Sindaco e all'assessore alla Cultura del Comune di Roma di impegnarsi con urgenza. E' importante - ha concluso Marin - che quest'angolo di cultura, fatto di incontri, dibattiti, presentazione di libri e concerti, viva ancora. Perche' a Trastevere non resti solo lo scettro di epicentro della somministrazione''.
"Non potendo sostenere i costi - ha continuato Marin - di un nuovo contratto d'affitto, il 30 giugno sara' sfrattata dai locali che per 16 anni l'hanno vista trasformarsi in uno dei salotti culturali piu' rinomati della Capitale. Il Sindaco deve dare seguito alla promessa di pubblicare un bando per l'assegnazione di nuovi spazi".
"Il Consiglio del Municipio Roma Centro Storico, dalla parte di centinaia di cittadini che in questi giorni si sono mobilitati sia nel quartiere che su facebook, ha votato all'unanimita' una risoluzione in cui si chiede al Sindaco e all'assessore alla Cultura del Comune di Roma di impegnarsi con urgenza. E' importante - ha concluso Marin - che quest'angolo di cultura, fatto di incontri, dibattiti, presentazione di libri e concerti, viva ancora. Perche' a Trastevere non resti solo lo scettro di epicentro della somministrazione''.
venerdì 24 giugno 2011
Americo Giuliani
Americo Giuliani, o più raramente Amerigo, (Magliano de' Marsi, 2 gennaio 1888 – 7 marzo1922), è stato un poeta italiano.
Poeta romanesco, ricordato per alcuni monologhi, tra i quali, il più famoso, Er fattaccio, Americo Giuliani nacque a Rosciolo, frazione di Magliano de' Marsi, nella provincia dell'Aquila. Trasferitosi a Roma ed impiegato in un botteghino del lotto, compose canzoni (versi e musica) e poesie romanesche, spesso patetiche e di presa facile ed immediata.
Malato di tubercolosi, morì, in giovane età, a trentaquattro anni.
ER FATTACCIO
(Nino, giovane operaio meccanico, ammanettato davanti al delegato, pallido,
disfatto, con voce plorante esclama)
Sor delegato mio nun so' un bojaccia!
Fateme scioje... v'aricconto tutto...
Quann'ho finito, poi, m'arilegate:
ma adesso, pe' piacere!... nun me date
st'umiljazione doppo tanto strazio!...
(pausa)
V'aringrazio!!
Quello ch'ha pubblicato er «Messaggero»
sur fattaccio der vicolo der Moro
sor delegato mio... è tutto vero!!
(pausa breve)
No p'avantamme, voi ce lo sapete,
so' stato sempre amante der lavoro;
e è giusto, che, pe' questo, me chiedete,
come la mano mia ch'è sempre avvezza
a maneggià la lima còr martello,
co' tanto sangue freddo e sicurezza
abbia spaccato er core a mi' fratello.
(pausa triste)
Quanno morì mi' padre ero fanello...
annavo ancora a scola e m'aricordo
che, benché morto lui, 'nder canestrello,
la pizza, la ricotta, er pizzutello...
nun ce mancava mai! Che, quella santa...
se faceva pe quattro, e lavorava...
e la marinarella, le scarpette
a di' la verità, nun ce mancava!
Ho capito! Me dite d'annà ar fatto
un momento... che adesso l'aricconto:
Abbitavamo ar vicolo der Moro
io, co' mi' madre e mi' fratello Giggi.
La sera, noi tornamio dar lavoro;
e la trovamio accanto a la loggetta
bona, tranquilla, co' quer viso bianco,
che cantava, e faceva la carzetta!
E ce baciava in fronte, e sorrideva
e ce baciava ancora e poi cantava:
«Fior de gaggia
io so' felice sortanto co' voi due
ar monno nun ce sta che ve somija!».
E mentre sull'incudine, er martello,
sbatteva tutto allegro, e rimbarzava,
pur'io ndell'officina ripetevo:
«Fiorin fiorello
la vita tutta quanta, manco a dillo,
l'ho da passà co' mamma e mi' fratello».
(pausa triste)
Poi, Giggi se cambiò!!! se fece amico
co' li più peggio bulli dell'urione
lassò er lavoro.... bazzicò Panico,
poi fu proposto pe' l'ammonizzione.
De più, me fu avvisato dalla gente,
che quanno io nun c'ero, nú' fratello
annava a casa pe' fa er prepotente!!
Per «garaché», ... l'amichi... l'osteria...
votava li cassetti der comò
e quer poco che c'era lì in famija
spariva a mano a mano!!! Lei però
nun rifiatava, nun diceva gnente....
ma nun rideva più... più nun cantava
mì madre bella, accanto a la loggetta!
La ruta... li garofoli... l'erbetta
ch'infioraveno tutto er barconcino,
tutto quanto sfioriva, e se seccava
insieme a mamma che se consumava!!
(pausa)
Un giorno je feci: - A ma', che ve sentite?
voi state male... perché nun me lo dite?
Nu' rispose: ma fece un gran sospiro,
e l'occhi je s'empirono de pianto!!
Nèr vedella soffrì, pur'io soffrivo!
ma ch'avevo da fà?... chiamai er dottore.
Disse che er male suo era qui:
«ner core»...
e che 'nse fosse presa dispiacere
se 'n voleva morì!!! La stessa sera
vorsi parlà co' Giggi, lo trovai, je feci:
- A Gi', mamma sta male assai ...
nun me la fa morì de dispiacere ...
je voio troppo bene... e tu lo sai
che si morisse, embè... che t'ho da di'?
sarebbe come er core se spezzasse!...
Mentre lei, guarirebbe si tornasse
er tempo de 'na vorta!... de quann'eri
bono... lavoratore... t'aricordi?
(pausa accorata)
Giggi me fece 'na risata in faccia:
arzò le spalle, e poi me disse: - Senti,
senza che me stai a fa' tanti lamenti
faccio come me pare! E poi de' resto
si 'nte va be', nun me guardà più in faccia!
E me lassò accusì, li sur cantone,
cor core sfranto!! Ritornai da mamma
e la trovai davanti alla Madonna...
che pregava, e piagneva! Poverella...
quanto me fece pena!! In quer momento
per vicoletto scuro e solitario,
'ntesi Giggi cantà, co 'n'aria bulla:
«Fiorin d'argento
Accoro mamma e nun m'importa tanto
pe l'occhi tua ciò perso er sentimento».
(con impeto)
Allora feci: - A ma', se mi' fratello
ritorn'a casa pe' fa' er prepotente
ve giuro che succede 'no sfracello! -
No... no... fijetto mio bello,
Giggi nun è più lui... è 'na passione...
so' l'amichi che l'hanno straportato!!!
Me dette un bacio, la benedizione...
e poi, più bianca assai de' la cera,
pe nun piagne disse - Bona sera!
(Pausa lugubre, pianissimo)
ler'ammatina che successe er fatto,
sarà stato... che so... verso le sette ...
me parve de senti come 'na lotta! ...
Mamma diceva: - A Gi'.... 'nte compromette
co' tu fratello ... damme qui er brillocco...
è l'urtimo ricordo de tu padre!!...
e nun te scordà ... che so' tu' madre -
- E che m'importa a me de mi' fratello?
Si vò assaggià la punta der cortello
venga pure de qua! - Mbè... fu un momento:
sarto dar letto... spalancai la porta...
e me metto de faccia a mi' fratello,
co' le braccia incrociate sopra ar petto!
In quer momento me parve de senti 'na cosa calla ...
'na cosa calla che saliva in faccia.
Poi m'intesi gelà! Fece - Che vôi.... -
- Io vojo che te ne vai...
senza che fai più tanto er prepotente
senza che me stai a fa' tanto er bojàccia!... -
Mi' madre prevedendo la quistione
se mise in mezzo pe' portà la pace:
ma Giggi la scanzò co' no spintone,
e poi me fece: - A voi sor santarello
ve ce vorà na piccola lezione!
E detto questo, aprì er cortello
e me s'avventò addosso!!!...
Mamma se stava pe' rimette immezzo
infrattanto che Giggi dà la botta...
io la scanzo... ma... mamma dà 'no strillo
e casca a longa longa...
Detti un urlo de belva e je strillai -
- Ah bojaccia!!!... infamone scellerato...
m'hai ammazzato mamma!!! e me buttai
come 'na 'jena sopra a mi' fratello:
j'agguantai la mano ... e je strappai er cortello...
Poi viddi tutto rosso ... e... menai... menai!!!...
(si copre il viso con raccapriccio; ma l'eco lontano di una marcia funebre
che viene dalla strada lo riscuote: e pallido per l'emozione, balbetta)
Sarà mamma che passa!!
(scoppia in un irrefrenabile singhiozzo)
Mamma! Mamma mia!
(poi risoluto ar delegato)
Mannateme ar Coeli.
disfatto, con voce plorante esclama)
Sor delegato mio nun so' un bojaccia!
Fateme scioje... v'aricconto tutto...
Quann'ho finito, poi, m'arilegate:
ma adesso, pe' piacere!... nun me date
st'umiljazione doppo tanto strazio!...
(pausa)
V'aringrazio!!
Quello ch'ha pubblicato er «Messaggero»
sur fattaccio der vicolo der Moro
sor delegato mio... è tutto vero!!
(pausa breve)
No p'avantamme, voi ce lo sapete,
so' stato sempre amante der lavoro;
e è giusto, che, pe' questo, me chiedete,
come la mano mia ch'è sempre avvezza
a maneggià la lima còr martello,
co' tanto sangue freddo e sicurezza
abbia spaccato er core a mi' fratello.
(pausa triste)
Quanno morì mi' padre ero fanello...
annavo ancora a scola e m'aricordo
che, benché morto lui, 'nder canestrello,
la pizza, la ricotta, er pizzutello...
nun ce mancava mai! Che, quella santa...
se faceva pe quattro, e lavorava...
e la marinarella, le scarpette
a di' la verità, nun ce mancava!
Ho capito! Me dite d'annà ar fatto
un momento... che adesso l'aricconto:
Abbitavamo ar vicolo der Moro
io, co' mi' madre e mi' fratello Giggi.
La sera, noi tornamio dar lavoro;
e la trovamio accanto a la loggetta
bona, tranquilla, co' quer viso bianco,
che cantava, e faceva la carzetta!
E ce baciava in fronte, e sorrideva
e ce baciava ancora e poi cantava:
«Fior de gaggia
io so' felice sortanto co' voi due
ar monno nun ce sta che ve somija!».
E mentre sull'incudine, er martello,
sbatteva tutto allegro, e rimbarzava,
pur'io ndell'officina ripetevo:
«Fiorin fiorello
la vita tutta quanta, manco a dillo,
l'ho da passà co' mamma e mi' fratello».
(pausa triste)
Poi, Giggi se cambiò!!! se fece amico
co' li più peggio bulli dell'urione
lassò er lavoro.... bazzicò Panico,
poi fu proposto pe' l'ammonizzione.
De più, me fu avvisato dalla gente,
che quanno io nun c'ero, nú' fratello
annava a casa pe' fa er prepotente!!
Per «garaché», ... l'amichi... l'osteria...
votava li cassetti der comò
e quer poco che c'era lì in famija
spariva a mano a mano!!! Lei però
nun rifiatava, nun diceva gnente....
ma nun rideva più... più nun cantava
mì madre bella, accanto a la loggetta!
La ruta... li garofoli... l'erbetta
ch'infioraveno tutto er barconcino,
tutto quanto sfioriva, e se seccava
insieme a mamma che se consumava!!
(pausa)
Un giorno je feci: - A ma', che ve sentite?
voi state male... perché nun me lo dite?
Nu' rispose: ma fece un gran sospiro,
e l'occhi je s'empirono de pianto!!
Nèr vedella soffrì, pur'io soffrivo!
ma ch'avevo da fà?... chiamai er dottore.
Disse che er male suo era qui:
«ner core»...
e che 'nse fosse presa dispiacere
se 'n voleva morì!!! La stessa sera
vorsi parlà co' Giggi, lo trovai, je feci:
- A Gi', mamma sta male assai ...
nun me la fa morì de dispiacere ...
je voio troppo bene... e tu lo sai
che si morisse, embè... che t'ho da di'?
sarebbe come er core se spezzasse!...
Mentre lei, guarirebbe si tornasse
er tempo de 'na vorta!... de quann'eri
bono... lavoratore... t'aricordi?
(pausa accorata)
Giggi me fece 'na risata in faccia:
arzò le spalle, e poi me disse: - Senti,
senza che me stai a fa' tanti lamenti
faccio come me pare! E poi de' resto
si 'nte va be', nun me guardà più in faccia!
E me lassò accusì, li sur cantone,
cor core sfranto!! Ritornai da mamma
e la trovai davanti alla Madonna...
che pregava, e piagneva! Poverella...
quanto me fece pena!! In quer momento
per vicoletto scuro e solitario,
'ntesi Giggi cantà, co 'n'aria bulla:
«Fiorin d'argento
Accoro mamma e nun m'importa tanto
pe l'occhi tua ciò perso er sentimento».
(con impeto)
Allora feci: - A ma', se mi' fratello
ritorn'a casa pe' fa' er prepotente
ve giuro che succede 'no sfracello! -
No... no... fijetto mio bello,
Giggi nun è più lui... è 'na passione...
so' l'amichi che l'hanno straportato!!!
Me dette un bacio, la benedizione...
e poi, più bianca assai de' la cera,
pe nun piagne disse - Bona sera!
(Pausa lugubre, pianissimo)
ler'ammatina che successe er fatto,
sarà stato... che so... verso le sette ...
me parve de senti come 'na lotta! ...
Mamma diceva: - A Gi'.... 'nte compromette
co' tu fratello ... damme qui er brillocco...
è l'urtimo ricordo de tu padre!!...
e nun te scordà ... che so' tu' madre -
- E che m'importa a me de mi' fratello?
Si vò assaggià la punta der cortello
venga pure de qua! - Mbè... fu un momento:
sarto dar letto... spalancai la porta...
e me metto de faccia a mi' fratello,
co' le braccia incrociate sopra ar petto!
In quer momento me parve de senti 'na cosa calla ...
'na cosa calla che saliva in faccia.
Poi m'intesi gelà! Fece - Che vôi.... -
- Io vojo che te ne vai...
senza che fai più tanto er prepotente
senza che me stai a fa' tanto er bojàccia!... -
Mi' madre prevedendo la quistione
se mise in mezzo pe' portà la pace:
ma Giggi la scanzò co' no spintone,
e poi me fece: - A voi sor santarello
ve ce vorà na piccola lezione!
E detto questo, aprì er cortello
e me s'avventò addosso!!!...
Mamma se stava pe' rimette immezzo
infrattanto che Giggi dà la botta...
io la scanzo... ma... mamma dà 'no strillo
e casca a longa longa...
Detti un urlo de belva e je strillai -
- Ah bojaccia!!!... infamone scellerato...
m'hai ammazzato mamma!!! e me buttai
come 'na 'jena sopra a mi' fratello:
j'agguantai la mano ... e je strappai er cortello...
Poi viddi tutto rosso ... e... menai... menai!!!...
(si copre il viso con raccapriccio; ma l'eco lontano di una marcia funebre
che viene dalla strada lo riscuote: e pallido per l'emozione, balbetta)
Sarà mamma che passa!!
(scoppia in un irrefrenabile singhiozzo)
Mamma! Mamma mia!
(poi risoluto ar delegato)
Mannateme ar Coeli.
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