Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioachino Raimondo Belli (Roma, 7 settembre 1791 – Roma, 21 dicembre 1863) è stato un poeta italiano. Nei suoi 2200 sonetti in vernacolo romanesco raccolse la voce del popolo della Roma del XIX secolo.
Qui in Trastevere gli è stata dedicata una tra le piazza più importanti del Rione
Figura tuttora molto apprezzata e conosciuta a Roma, ne rappresenta lo spirito popolare insieme ad un altro poeta, Carlo Alberto Salustri, meglio conosciuto come Trilussa.
Romanesco
« La creazzione der monno
L'anno che Gesucristo impastò er monno,
Ché pe impastallo già c'era la pasta,
Verde lo vorze fà, grosso e ritonno,
All'uso d'un cocommero de tasta.
Fece un zole, una luna e un mappamonno,
Ma de le stelle poi dì una catasta:
Su ucelli, bestie immezzo, e pesci in fonno:
Piantò le piante, e doppo disse: "Abbasta".
Me scordavo de dì che creò l'omo,
E coll'omo la donna, Adamo e Eva;
E je proibbì de nun toccaje un pomo.
Ma appena che a maggnà l'ebbe viduti,
Strillò per dio con quanta voce aveva:
"Ommini da vienì, sete futtuti" »
Italiano
« La creazione del mondo
L'anno che Gesù Cristo impastò il mondo,
Poiché per impastarlo già c'era a disposizione la pasta,
Lo volle fare di colore verde, grosso e rotondo,
Come se fosse un cocomero con il tassello.[1]
Fece un sole, una luna e un globo terracqueo,
Di stelle puoi dire pure che ne fece un mucchio:
In cielo mise gli uccelli, gli animali in mezzo e i pesci in fondo:
Piantò le piante e poi disse: "Adesso basta".
Mi scordavo di dire che creò l'uomo,
E insieme all'uomo la donna, Adamo e Eva;
E proibì loro di toccare un suo frutto.
Ma non appena li vide che lo stavano mangiando,
Strillò, per Dio, con tutta la voce che aveva:
"Uomini che dovete ancora nascere, siete fregati" »
(Giuseppe Gioacchino Belli, sonetto n. 165, La creazzione der monno)
Romanesco
« La vita dell’Omo
Nove mesi a la puzza: poi in fassciola
tra sbasciucchi, lattime e llagrimoni:
poi p’er laccio, in ner crino, e in vesticciola,
cor torcolo e l’imbraghe pe ccarzoni.
Poi comincia er tormento de la scola,
l’abbeccè, le frustate, li ggeloni,
la rosalía, la cacca a la ssediola,
e un po’ de scarlattina e vvormijjoni.
Poi viè ll’arte, er diggiuno, la fatica,
la piggione, le carcere, er governo,
lo spedale, li debbiti, la fica,
er zol d’istate, la neve d’inverno...
E pper urtimo, Iddio sce bbenedica,
viè la Morte, e ffinissce co l’inferno. »
Italiano
« La vita dell'uomo
Nove mesi nella puzza: poi avvolto in fasce
sempre sbaciucchiato, con le croste lattee e i lacrimoni:
poi al laccio, dentro un girello, con una vesticciola,
un copri-capo e un'imbragatura al posto dei calzoni.
Poi comincia il tormento della scuola,
l'abbiccì, le frustate per punizione, i geloni per il freddo,
la rosolia, dover far la cacca sul vasetto
e un accenno di scarlattina e di vaiolo.
Poi viene il lavoro, il digiuno, la fatica;
l'affitto, il carcere, il governo,
l'ospedale, i debiti, la fica,
il sole l'estate e la neve d'inverno ...
E alla fine, che Dio ci benedica,
viene la Morte e tutto finisce all'Inferno. »
(Giuseppe Gioacchino Belli, sonetto n. 781, La vita dell’Omo)
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